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#303641 Sociologia

La pasta e la pizza.

Autore:
Editore: Il Mulino.
Data di pubbl.:
Collana: Coll. L'Identità Italiana,10.
Dettagli: cm.12,5x20,5, pp.112, brossura copertina figurata a colori. Coll. L'Identità Italiana,10.

Abstract: Gli italiani non hanno sempre mangiato la pasta e la pizza. È solo poco dopo il 1860 che questi cibi diventano l'immagine e lo stereotipo in base ai quali riconoscersi ed essere riconosciuti. È in particolare l'impresa dei Mille ad avvicinare piemontesi, lombardi e veneti alla pasta secca (la vera invenzione italiana) tipica delle cucine meridionali. Dopo l'impresa garibaldina pasta e pomodori percorrono trionfalmente tutta la penisola dando nuova polpa e sapore alla cucina settentrionale, in gran parte tributaria di quella francese. Pellegrino Artusi farà il resto: inventerà e "codificherà" una cucina italiana, sintesi delle tante cucine locali e regionali, che avrà nella pasta il suo perno. Pasta e pizza diventeranno poi la bandiera sotto cui 26 milioni di emigrati troveranno compattezza, stemperando differenze e opposizioni regionali, e si faranno avanti nel mondo.

EAN: 9788815065834
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Note: Lievi fioriture ai tagli delle pagine, altrimenti come nuovo.
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#333156 Architettura
Torino, Bollati Boringhieri 2008, cm.12x20, pp.117, brossura. Collana Temi, 179. Mai come adesso l'architettura è di moda. Nelle riviste, nei quotidiani, in televisione le opere delle super-star dell'architettura sono oggetto della curiosità di lettori che prima erano completamente digiuni in materia. Eppure mai come adesso l'architettura è lontana dall'interesse pubblico: incide poco e male sul miglioramento della vita della gente, a volte ne peggiora le condizioni dell'abitare. Questo accade perché l'architettura è diventata un gioco autoreferenziale, incentrata sulla "firma", sulla genialità del singolo architetto, genialità che è quotata nella borsa della moda al pari di un qualunque brand. Gli architetti si rifiugiano in una artisticità che li esclude da qualunque responsabilità. Purtroppo spesso viene affidata loro la trasformazione di interi pezzi di città, trasformazioni che spesso compiono con incompetenza, superficialità e convinti che si tratti di un gioco formale. Ma le città funzionano diversamente: sono il territorio profondo su cui agisce l'inconscio collettivo, sono il luogo delle appartenenze e dei conflitti. Questo libro invita ad abbandonare le "archistar" al loro egoismo e ad accettare che l'architettura abbia esaurito la sua funzione. Oggi c'è bisogno di altro, soprattutto nella situazione di emergenza in cui le città e l'ambiente rischiano di diventare sempre più inabitabili.

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