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#247586 Angolo Antico

Prose di Monsignor Bembo. [Al retrofrontespizio: Delle prose di M. Pietro Bembo nelle quali si ragiona della volgar lingua scritte al Cardinale de' Medici che poi è stato creato a Sommo Pontefice et detto papa Clemente Settimo divise in tre libri. Edition seconda.]

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Publisher: s.e..
Date of publ.:
Details: cm.9,5x14,5, cc.CXV,(1), modesta rileg. muta primo Ottocento in mezza pergamena, piatti marmorizzati.

Note: Segni d'uso alla rilegatura; lievi tracce di umidità al piede ma esemplare di notevole freschezza e privo di qualsiasi intervento ms.
EUR 800.00
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Milano, Soc.Tipografice De'Classici Italiani 1810, completo 3 voll. cm.14x21, pp.385,343,474, legg.in mezza pelle, tassello verde al dorso. Ediz.delle Opere Classiche. Opera completa in 3 volumi, La sezione delle lettere facenti parte delle Opere di questa serie in 12 volumi.
Note: Lievi segni di tarlo alle legature.
EUR 90.00
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A cura di Amelia Juri. Roma, Salerno 2020, cm.14,5x22, pp.LX,77, brossura con bandelle. Coll.Testi e Documenti di Letteratura e di Lingua,XLIV. Edizione numerata in 999 esemplari. «Pietro Bembo (1470-1547), cardinale e uomo di lettere di assoluta preminenza nel Rinascimento europeo, è presente nella memoria collettiva soprattutto per la sua opera di grammatico ? basti pensare alla funzione fondamentale svolta dalle Prose (1525) ? e per il suo ruolo di fondatore del classicismo lirico, anche se non disdegnò di esercitarsi in molti generi, non solo di registro alto. Tra i suoi scritti "minori", particolare rilievo assumono le Stanze: composte nel 1507, in occasione del Carnevale urbinate, sono un poemetto in 50 ottave incentrato sull'invito primaverile all'amore, rivolto alla duchessa Elisabetta Gonzaga e alla nobildonna Emilia Pio. Questo testo, oggi quasi dimenticato, godette ai suoi tempi di una straordinaria fortuna e rappresentò un punto nodale nella storia della letteratura rinascimentale e dell'ottava rima: insieme alla canzone Alma cortese e dopo gli Asolani (1505), le Stanze indicarono infatti la via per la nascita del petrarchismo cinquecentesco. Al poemetto Bembo dedicò assidue cure e continuò a ritoccarlo attraverso un paziente lavoro di lima che durò almeno fino al 1545: segno dell'importanza, al di là dell'occasione che lo generò, ad esso riconosciuta dal suo illustre autore. Trasferendo la lezione linguistica e formale di Petrarca in un altro genere, di livello umile, e appoggiandosi alla propria vasta cultura umanistica, Bembo diede l'esempio di una poesia moderna profondamente classica e insieme adatta ai gusti di un pubblico largo. Il volume offre un nuovo commento e un'ampia introduzione al testo che permettono al lettore di apprezzare il senso dell'operazione di Bembo sia sul versante serio dell'innovazione letteraria sia sul fronte giocoso dell'occasione carnevalesca da cui esso nacque, due aspetti fondamentali della cultura rinascimentale non sempre adeguatamente valutati. Il commento, oltre a chiarire puntualmente il significato del testo, si concentra sugli aspetti linguistici, variantistici e intertestuali al fine di restituire un'immagine completa del progetto letterario sotteso alle Stanze, illustrandone il rapporto non solo con Petrarca ma anche con i classici latini e con la tradizione in ottave e quattrocentesca (Boccaccio, Boiardo, Lorenzo e Poliziano).» (Amelia Juri)

EAN: 9788869734441
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#290291 Regione Sicilia
Traduz.e presentaz.da Vittorio Enzo Alfieri. Note di Marcello Carapezza, Leonardo Sciascia. Palermo, Sellerio per Banco di Sicilia 1981, cm.26x35, pp.216, 25 tavv.a col.anche a doppia pag. 59 tavv. leg.ed.in t.tela. Coll.I Cristalli.

EAN: 9788876810213 Note: Sopracoperta con mende.
EUR 39.00
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A cura di Vittorio Cian. Premessa di Alessanro Gnocchi. Nota al testo e indici a cura di Giulia Raboni. Milano, Ediz.Sylvestre Bonnard 2007, cm.14x21, pp.146, br. con bandelle,cop.fig. Coll.Il banco dei Rari. Un'edizione che fece epoca poiché rivelava per la prima volta un tratto ignoto di colui che la critica italiana aveva assunto a campione del petrarchismo: con questi strambotti, infatti, il colto cardinale protagonista del Rinascimento italiano, adottava proprio quelle forme poetiche aborrite, secondo la tradizione critica, dai petrarchisti. Vittorio Cian nel 1888 aveva già alle spalle un discreto numero di pubblicazioni su Pietro Bembo. La sua tesi di laurea, discussa con Arturo Graf, era diventata nel 1885 un volume pubblicato a Torino da Loescher, editore del GSLI (Un decennio della vita di Pietro Bembo,1521-1531). Nel 1887, il GSLI ospitava un ampio saggio sui rapporti tra Pietro Bembo e Isabella d'Este Gonzaga. In quest'ultimo lavoro,chiosando una lettera di Bembo a Isabella d'Este in cui il giovane poeta accennava a «dieci sonetti e due stramotti alquanto usciti da la loro regola», Cian notava che «perfino il Bembo, il massimo e più ortodosso rappresentante,nella lirica del sec. XVI, della tradizione aristocratica e petrarchesca, cedette talora all'indirizzo della poesia popolareggiante, rappresentata specialmente dagli strambottisti e ancora sopravvivente nelle corti italiane all'aprirsi del 500». Con questo semplice accenno, Cian faceva di colpo invecchiare irrimediabilmente l'articolo con cui Arturo Graf pochi anni prima aveva tentato di impostare il problema del rapporto tra Petrarchismo e antipetrarchismo nel Cinquecento. La divisione un po' manichea tra petrarchisti e antipetrarchisti del Graf subisce subito una dura smentita: proprio il maestro dei primi si è esercitato in generi metrici tipici del campo avverso.

EAN: 9788889609163
EUR 35.00
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