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Autore:
Editore: Le Monnier.
Data di pubbl.:
Dettagli: cm.12x18,5, pp.339, rilegatura in mezza pelle, piatti fasciati in carta marmorizzata.

EUR 24.00
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#621 Religioni
col commento che da scelti passi de' Padri ne fa Tommaso D'Aquino. A cura di Raffaele Ciampini. Firenze, Sansoni Ed. 1973, 2 voll. cm.15,5x24, pp.LXIV,953, brossura intonsi. Edizione Naz.delle Opere di Niccolò Tommaseo,VI.
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Testo inedito.Ediz.critica,intr.e note di Michele Cataudella. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 1974, cm.17,5x25, pp.266, 4 tavv.in bn.ft., brossura intonso. Stato di nuovo. Coll.Storia e Letteratura, Raccolta di Studi e Testi,134.

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Prefazione di Roberto Peverelli. Milano, Medusa 2019, cm.14x22, pp.138, brossura sopracoperta figurata a colori. Collana Le Porpore,117. Guardando Charlot muoversi nel mondo, e guardando il mondo attraverso lo sguardo di Charlot, scoppiamo a ridere, oggi come ieri, sorpresi forse dalla perfezione comica che questo cinema ancora oggi sa incarnare. Il riso, e lo stesso vale per il genere comico, è un oggetto osservato con una certa diffidenza all'interno della nostra storia culturale, spesso relegato ai margini della cultura autentica, se non apertamente biasimato e condannato. Platone, gli Stoici, i Padri della Chiesa sono unanimi nell'indicare nel riso, soprattutto se smodato, ma non solo, un comportamento che deve essere evitato da coloro che assolvono il compito di guidare e indirizzare, anche nello stile di vita, le comunità. E invece, ridere, scoppiare a ridere, morire dal ridere è un gesto che rinnova il nostro sguardo sulle cose, la nostra capacità di pensare il mondo e noi stessi. «Il riso è una sospensione, lascia in sospeso colui che ride. [...] Non afferma niente, non tranquillizza niente». A essere sospesa, seguendo l'indicazione di Bataille, è la nostra altrimenti immediata adesione alla macchina del mondo, alla sua apparenza di stabilità e fondamento, di solidità. Sospesa è la cieca confidenza nella stabilità, rassicurante e opprimente, dell'io. Le giravolte e le cadute di Charlot, le incongruenze che si spalancano di fronte al suo sguardo, lungo il suo buffo peregrinare nel mondo ci fanno ridere, forse, perché ci svelano che la trama del reale non è mai riducibile definitivamente alle concatenazioni di nessi logici e causali, di volta in volta differenti, in cui pensiamo di averla definitivamente intrappolata - così come l'io non è mai condannato a una definitiva, sterile, ossessiva ripetizione di sé. Morendo dal ridere, lasciamo morire ogni identità costrittiva, statica, dell'io e delle cose, e torniamo per un istante ad aprirci alla possibilità di pensare diversamente il mondo, di diventare altro da quello che siamo. L'epifania del fondo instabile delle cose e di noi stessi, la rivelazione dolorosa della fragilità, della infondatezza delle nostre aspettative e certezze, grazie al riso, può sottrarsi al rischio di tradursi in mero rancore e risentimento; si fa invece liberazione, apertura, premessa alla costruzione di pensare e agire inediti. (Roberto Peverelli)

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