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#113619 Esoterismo

Corrispondenza inedita di Louis Claude de Saint Martin detto il filosofo incognito e Kirchberger, barone di Liebistorf dal 22 maggio 1792 fino al 7 novembre 1797, dal 4 aprile 1798 al 7 febbraio 1799.

Autore:
Curatore: Introduz.,traduz.e note a cura di Ovidio La Pera.
Editore: FirenzeLibri Ed. - Ediz.Libreria Chiari.
Data di pubbl.:
Collana: Coll.La Bautta, Lo Spirito delle Cose.
Dettagli: cm.13x20, pp.460, brossura Coll.La Bautta, Lo Spirito delle Cose.

Abstract: Corrispondenza inedita di Louis-Claude de Saint-Martin detto il Filosofo incognito e Kirchberger, barone di Liebistorf dal 22 maggio 1792 fino al 7 novembre 1797 e dal 4 aprile 1798 al 7 febbraio 1799 e con Effinger e Signora dal 24 dicembre 1799 al 24 luglio 1800. Tutte queste lettere sono particolarmente importanti ai fini della conoscenza di Louis-Claude de Saint-Martin riguardo alle sue scelte circa la via ch'egli si sentiva di seguire; infatti, su sollecitazione dell'amico Kirchberger, il quale spesso gli chiedeva delle spiegazioni su aspetti specifici della scuola di Martinès de Pasqually, oltre a soddisfare la sua curiosità, Saint-Martin mette in evidenza la sua non condivisione con l'indirizzo della sua prima scuola, e la necessità per lui di seguire un'altra via; vedi a questo proposito, come esempio, la lettera nº 110. Specificatamente, inoltre, emerge con chiarezza come il filosofo teutonico Jacob Böhme, di cui nella maggior parte delle lettere quasi sempre si parla, o per qualche sua opera o per certi aspetti della sua teosofia, sia stato per lui di fondamentale importanza, avendogli, le sue opere e perciò la sua dottrina, rivelato ciò che gli insegnamenti del suo primo maestro gli avevano fatto solamente intravedere. Altri motivi d'interesse che emergono dalla lettura di queste lettere sono, ad esempio, la possibilità di venire a conoscenza di fatti, o di aspetti teosofici di cui Saint-Martin non ha mai trattato nei suoi scritti; e ciò ci è possibile grazie alle risposte ch'egli dà al barone di Liebistorf alle domande fattegli per avere delle spiegazioni su certi passaggi di alcune sue opere; od anche la possibilità di conoscere alcuni personaggi del campo della teosofia o della mistica, e certi fatti che specificatamente li riguardano, come ad esempio il teosofo Gichtel, la mistica Jean Lead e il medico Jhon Pordage, tutti e tre seguaci del Böhme, e, tralasciando altri personaggi, va ricordato anche il teosofo Karl von Eckartshausen. .

EAN: 9788876220500
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alla stesura di questo giornale biografico? Egli stesso ci dà la risposta nell'articolo n°352: "Mi sono lasciato andare a comporre dei pezzi e delle idee staccate di questa raccolta storico-morale e filosofica solamente per non perdere i piccoli tratti sparsi della mia esistenza.... A cura di O.La Pera. Firenze, FirenzeLibri Ed. - Ediz. Libreria Chiari 2005, cm.13x20, pp.371, brossura sopracop.fig. Coll.La Bautta, Lo Spirito delle Cose.

EAN: 9788876220951
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La scienza sacra dei numeri o aritmosofia, per L.S. de Saint- Martin, è stata sempre la fonte di ogni conoscenza, e ciò lo si desume, oltre che dalle sue opere in generale, da quanto egli afferma all'inizio del suo libro "I numeri":" I numeri non sono che la traduzione abbreviata, o la lingua concisa della verità e delle leggi di cui il testo e le idee sono in Dio, nell'uomo e nella scienza. Disegni dell'Autore. Introduz., traduz.e note di Ovidio La Pera. Reggello, FirenzeLibri Ed. - Ediz. Libreria Chiari 2004, cm.13x20, pp.133, brossura Coll.La Bautta, Lo Spirito delle Cose,X. Ristampa 2014.

EAN: 9788887774481
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Introduz.traduz.e note a cura di Ovidio La Pera. Firenze, FirenzeLibri Ed. 2009, cm.13x20, pp.256, brossura Coll.La Bautta, Lo Spirito delle Cose. Verso la fine del 1794, ancora nel mezzo della Rivoluzione, sebbene la sua qualità di nobile gli interdicesse il soggiorno a Parigi, L. C. de Saint-Martin, fu designato dal distretto di Amboise, in veste di allievo, a partecipare presso la Scuola Normale di Parigi ad un corso di formazione di istruttori per la propagazione dell’istruzione pubblica. Egli accettò questa missione, come ci fa sapere nella sua corrispondenza con l’amico Kirchberger, nella speranza di poter, con l’aiuto di Dio, in presenza di duemila uditori animati da ciò che egli chiamava spiritus mundi, impiegare utilmente il suo carattere di natura spirituale e combattere con successo il filosofismo materiale e antisociale dell’epoca. La scuola ebbe inizio alla fine di gennaio del 1795, diretta da Garat, professore di intendimento umano, e Saint-Martin ne fu poco soddisfatto fin dagli inizi; infatti nella corrispondenza con Kirchberger ci fa sapere “che essa non è ancora che lo spiritus mundi allo stato puro, e vedo chiaramente ciò che si nasconde sotto quel mantello…” Saint-Martin affrontò con coraggio il talento del professore, che con la sua oratoria brillante era in grado di abbagliare l’uditorio, e seguendo il suo invito, si addentrò nella materia, dando vivo impulso verso lo spiritualismo che, all’epoca, languiva nel pensiero francese, ricusando l’idea fondamentale di Condillac, che con la sua teoria riduceva l’intelletto alla sensazione. Il Dibattito non ebbe infine un seguito nelle sedute successive, forse anche perché il prof. Garat temeva di non poter prevalere di fronte alle argomentazioni di Saint-Martin, il quale in una lettera del marzo 1795 scrisse al suo amico Kirchberger: ”Sono stato un sasso, in piena assemblea, nei confronti di uno dei Golia della nostra Scuola normale, e si rise alle sue spalle, per quanto professore egli fosse”. Seguono alla “Controversia con Garat” altri due brevi scritti che sviluppano ulteriormente le tematiche trattate nei dibattiti tenuti presso la Scuola Normale di Parigi, e precisamente il “Saggio sui segni e sulle idee”, pubblicato nell’anno VII della Repubblica, (gennaio 1799), scritto da L. C. de Saint-Martin, non solo per esporre il suo punto di vista sulla questione avanzata dall’Istituto Nazionale di Francia: “Determinare l’influenza dei segni sulla formazione delle idee”, ma anche per dare un seguito ai dibattiti avuti con il Prof. Garat. A questo scritto ne segue poi un secondo, e cioè il “Quaderno di metafisica”, redatto dall’autore vero il 1800 ed in cui, dopo aver esposto il suo pensiero su vari temi d’ordine metafisico, alla fine, in un apposito capitolo, affronta nuovamente l’argomento trattato nel “Saggio”, muovendo questa volta alcune osservazioni per confutare i principi dell’amico de Gérando, ma in modi molto garbati pur nella loro fermezza, intercalati però anche a molti apprezzamenti.

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